sabato 23 novembre 2013

Patrizia Boscaro, Un tatuaggio è per sempre

Milena ha solo sette anni quando incontra per la prima volta i Testimoni di Geova; due donne gentili, sorridenti e molto disponibili erano entrate in casa loro, invitate dalla madre di Milena.
«Non vi piacerebbe vivere in una terra paradisiaca, in pace con tutti?» avevano detto a lei e alla madre. Da quel giorno molte altre visite si erano susseguite, e dopo sei mesi fu il loro turno di andare a visitare la Sala del regno. Milena fu affascinata da quella gente così buona con lei, così pronta ad accoglierla; si sentì ben voluta come mai le era accaduto e, dopo qualche tempo, chiese di far parte di quella comunità.
Capiva che c’era qualche regola non facile da seguire, che la rendeva diversa dai suoi coetanei, ma l’amore che le regalavano i Testimoni di Geova era più importante.
Finalmente giunse il momento di diventare predicatrice e poi di essere battezzata; Milena entrò nella vasca con entusiasmo e sicurezza. Ma da quel giorno tutto cambiò. Il campanello di casa si zittì e le amiche, che tanto le erano state vicine prima del battesimo, erano scomparse: nessuno stava più con lei, perché il compito del Testimone è fare nuovi proseliti, e non tenere compagnia a quelli già convertiti.
Fu la prima di una lunga serie di delusioni e sofferenze per Milena, la cui vita, da quel momento, subì tante sconfitte e ripensamenti.

«Conobbi la vicenda della mia amica qualche tempo dopo aver cominciato a lavorare con lei» spiega Patrizia Boscaro, autrice di Un tatuaggio è per sempre. «Era un’ottima impiegata, ma introversa e chiusa. Un giorno arrivò in ufficio sconvolta: suo marito l’aveva inseguita con il furgone, mentre viaggiava sullo scooter. Era una Testimone di Geova e dovette passare ancora moltissimo tempo prima di potersi finalmente sentire di nuovo libera. Decisi di scrivere la sua storia perché altri potessero conoscerla.»
Purtroppo la sua è una vicenda più comune di quanto non si pensi: le persone attirate da questi gruppi, che sentono il fascino di una comunità apparentemente amorevole, sono moltissime.
«In questo mondo di conoscenze virtuali, è facile essere attratti da chi ci fa sentire amati. I movimenti religiosi non tradizionali, anche in questi giorni di scetticismo religioso, si prodigano per aiutare un’anima in difficoltà e questo funziona da calamita.»
Leggendo il tuo libro ho provato una grande simpatia per Milena, che è naturalmente un nome di fantasia, e un forte desiderio di poterla aiutare. Com’è possibile farlo?
«Purtroppo è quasi impossibile, finché una persona fa parte dei Testimoni di Geova, provare ad aiutarla, provare a farla uscire. All’interno della comunità, sebbene quasi segregati, sono il ritratto della serenità.»
Fortunatamente la storia di Milena si è conclusa bene: dopo una serie di grandi delusioni, è riuscita a rifarsi una vita fuori dal gruppo. E anche a concedersi cose prima proibite, come appunto un tatuaggio.
«L’incontro con il tatuatore è accaduto realmente e, nella prima versione del libro, tagliata in parte dall’editore, c’erano molti dialoghi tra i due personaggi. Era lui che mostrava i sentimenti di rabbia e incredulità che ho provato io, al racconto di Milena.»
Una rabbia che forse la sua famiglia non aveva provato?
«Certo, una famiglia unita e presente avrebbe potuto impedire il destino della mia collega, ma non solo. Un carattere docile e remissivo e una buona dose di ingenuità hanno fatto il resto. Strano come una qualità importante come la generosità sia stata, in questo caso, un ostacolo alla serenità di Milena; si tratta però di una generosità sprovveduta, frutto della giovane età e dell’inesperienza.»

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Per aiutare chi è stato soggiogato da un movimento religioso alternativo:
centro studi Abusi Psicologici  Torino  http://www.cesap.net/





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